QUESTO È GIÀ UN MANIFESTO di Nadia Boaretto

Abbiamo fatto una Per-corsA. Per chi? Per le donne. E una Con-corsA. Fra chi? Fra donne. Una staffetta di testimonianze, in poesia e in prosa, di memorie e di propositi.

Una circolarità di Con-divisioni delle esperienze individuali in una sorta di autocoscienza che ci guidi verso scelte in divenire, dal personale al collettivo. Questo work-in-progress ci ha dato per un mese la forza di vibrare all’unisono e di rappresentare per 31 giorni quell’8 marzo che si vorrebbe giornata internazionale della donna.

Ora rendiamo fecondo questo inizio di primavera smentendo il primo verso del poemetto La Terra Desolata di T. S. Eliot secondo cui “Aprile è il più crudele dei mesi”. Non ci scoraggino i venti di guerra, fertilizziamo di idee e azioni la Terra, madre di tutti gli esseri viventi. Maria Carla Baroni le innalza un inno: “Grande Dea delle acque / prima fonte d’ogni vita fuggente / Madre Terra dall’immenso grembo / da cui la vita nasce / e dopo morta rinasce /  in cicli di continuo divenire / ti amerò fino alla fine / del tempo a me assegnato / e sogno che un abbraccio di donne / con mani di foglie e cuore di sole / ti salverà”.

Come sottolinea Lara Verbigrazia: “Solamente la carità verso noi stesse può venirci in soccorso nei periodi bui”.

Sovvertiamo la Genesi biblica citata da Rosa Nobile: “Verso tuo marito ti spingerà la tua passione, ma lui vorrà dominare su di te”, pesante condanna che induce a considerare la “condizione della donna” come inesorabilmente predestinata.

Cogliamo invece lo sprone a intendere il femminismo come completa autonomia, quella di agire per proprio conto; come indipendenza, con personale e serena capacità di giudizio; come autosufficienza, per poter bastare comunque a noi stesse; come emancipazione, per avere sempre tutti i mezzi per poter gestire la nostra vita.

Michela Gusmeroli storicizza il termine “femminile [che] andava bene quando non c’era ancora questo rimbombo mediatico, questa corsa del mercato a voler sfruttare, succhiare pure l’anima. Noi cerchiamo di non farci prendere da seduzioni stupide, bisogni eterodiretti”.

E facciamo nostro il messaggio di Rosanna La Malfa: “Caro patriarcato, ho conosciuto tante donne nella vita e posso dirti che siamo esseri che vogliamo essere, con possibilità di scegliere e di vivere, con pari diritti e pari doveri. Sembra così astratto e pazzo come concetto? Io credo di no. Tanta la strada da fare, ma se siamo tante si potrà fare. Non temere, eccoci”.

Ce l’hanno insegnato gli anni dell’autocoscienza, abbiamo potuto asserire “il corpo è mio e me lo gestisco io”, in tante tappe scandite da Serena Luce Castaldi, importatrice a Milano dei fondamenti del Women Liberation Movement statunitense, e da Nadia Boaretto, feminist teacher.

La giovane voce di Giulia Garrone si dichiara “stanca degli uomini che si prendono gioco di noi, stanca degli uomini che pensano di essere superiori e che se ne approfittano, stanca delle donne che devono vivere con una mentalità misogina e convinta che altre donne debbano essere delle concorrenti, stanca di uomini che ci dicono cosa dobbiamo fare e chi dobbiamo essere, stanca che il fantomatico patriarcato debba distruggere la figura femminile per elogiare la superiorità maschile”.

Giulia, diciottenne, dichiara: “Noi continueremo, continueremo a batterci per i sogni, continueremo a batterci per abbattere questo famigerato patriarcato che ci distrugge, continueremo a essere noi stesse perché niente e nessuno ci porterà via le nostre aspirazioni e la nostra continua e determinata voglia di puntare sempre più in alto”.

Anche Nelly Irene Zita García volge lo sguardo verso l’alto, esclamando:

Donna,

candida colomba,

ti slanci in volo

sino a toccare il cielo.

Libera,

davanti all’Immenso.

A Sara Crescimone Messina il femminismo ha regalato “dignità al mio desiderio per le donne, una omosessualità oscura che diventa orgoglioso lesbismo, rivendicato alla luce del sole… Il femminismo si rivelava in tutta la sua grandezza insegnandoci ad affrontare la nostra parte oscura e crudele”.

È difficile “pensare positivo”. Non a caso Sabrina Biscaccianti elenca tutte le frasi dette da persone a lei vicine “che hanno in qualche modo ostacolato il mio divenire, il mio processo di individuazione, il mio poter essere donna oltreché persona”.

Sara Bertucci individua la sofferenza della madre e di un’amica “perché non erano delle buone mogli o delle buone figlie. Soffrivano perché il ruolo che dovevano recitare non si addiceva loro. Soffrivano perché nella vita si soffre. Erano gli anni ‘70. Una si è ‘salvata’ con la maternità, l’altra con la reclusione in casa fino alla morte”.

La maternità non desiderata, imposta, talvolta fecondata da atti di violenza, come quello testimoniato da Antonella Monastra, ginecologa, che “vide morire nell’astanteria del più grande Ospedale Siciliano una dodicenne stuprata dallo zio”. Importantissimi allora i Consultori, nati come spazi innovativi, meno strutturati ma più stimolanti perché a confronto con altre sensibilità professionali, a diretto contatto con la “strada”. Che fine hanno fatto questi presidi dell’educazione sessuale, del diritto a liberi rapporti, della scelta di non procreare? Quale miserabile calcolo maschilista li sta eliminando dal territorio nazionale?

Giustamente Claudia Speziali esprime l’orgoglio di aver avuto come madre l’ostetrica condotta del paese, che spesso di notte inforcava la Vespa per andare ad assistere una partoriente. Una madre che non pensava a prepararle il corredo ma a farla studiare perché si costruisse una professione e fosse economicamente indipendente. E alla domanda della figlia: “Perché non abbiamo lo stesso cognome tu e io?” spiegava che il cognome si prende dal padre. Ora sappiamo che a partire dal 2 giugno 2022, neonate e neonati assumono automaticamente un doppio cognome, dato dall’unione dei cognomi dei genitori.

Intanto, nel mezzo di una spaventosa regressione internazionale rispetto alle conquiste del femminismo, esplode la rivoluzione delle iraniane al grido di DONNA, VITA, LIBERTÀ. Con versi dolenti Anna Lombardo Geymonat evoca la memoria di Mahsa Amini, picchiata a morte dalla cosiddetta “polizia morale” perché dal velo le sfuggiva una ciocca di capelli.

Come ieri, esattamente come il giorno

Prima di ieri e così via.

Io non sarò mai più qui.

I miei capelli mi han tradito?

Non loro, cara, tutti gli altri.

L’ipocrisia del mondo intero

Ci tradisce, questa indifferenza

Io non sarò mai più qui

A pettinarli i miei capelli, a srotolarli

Come preziosa pergamena.

Oggi non sono qui. Ricorda.

 

Pina Mandolfo conclude che “nonostante la millantata libertà dobbiamo ancora lottare per prendere in mano noi stesse e conferire ordine e bellezza al mondo. Suonare però quella campanella per altre che, come noi, saranno attratte da quel suono è un imperativo a cui non possiamo sfuggire”.

Mettiamo in pratica la campagna RINGRAZIA UNA FEMMINISTA, di SCHOOL OF FEMINISM, affissa a Bologna da CHEAP, il progetto di street poster art attivo dal 2013 e fondato interamente da donne.

Puoi allattare in pubblico? Puoi ricoprire un incarico politico? Puoi votare, studiare, fare sport a livello agonistico? Puoi sposarti con chi vuoi e divorziare se lo vuoi? Anche parlare del tuo corpo, mostrarlo e denunciare chi ti molesta? Allora “Ringrazia una femminista”.

Nadia Boaretto