Maggioranza e minoranza, forma e sostanza della democrazia.

Sappiamo che le elezioni non sono le Olimpiadi, che l’importante è vincere e non basta partecipare. Detto questo credo si debba operare una riflessione sul vincere e perdere in democrazia.

In una democrazia parlamentare quale è la nostra così come è disegnata nella nostra Costituzione, vincere significa “governare”, cioè esercitare il potere esecutivo, ma significa anche esercitare il potere legislativo in Parlamento; quindi “vincere” significa anche ottenere di essere rappresentati in Parlamento, luogo nel quale i/le parlamentari esercitano la loro funzione “senza vincolo di mandato”, cioè formano il loro convincimento ed esprimono il loro voto, sulla base delle loro convinzioni, delle loro conoscenze, delle loro capacità e della comprensione dei problemi, dei bisogni, delle aspettative, delle speranze, dei sogni di elettrici ed elettori che li/le hanno delegati/e a rappresentarle/i.

Sappiamo che il Governo deve essere sostenuto da una maggioranza che gli consenta di esercitare la sua funzione, ma il Governo è espressione delle scelte programmatiche di “una parte” dell’elettorato anche se maggioritaria, “altre parti” minoritarie però hanno voce in Parlamento e possono concorrere alla formazione delle decisioni.

Maggioranza e minoranze esercitano ciascuna una funzione importante a garanzia del corretto funzionamento delle istituzioni.

Per molti decenni la nostra democrazia si è retta sul corretto rapporto tra maggioranza e minoranza, tra governo e opposizione, percorrendo un cammino faticoso e dipanando processi complessi per raggiungere obiettivi e traguardi che hanno portato l’Italia verso la rinascita. Se così è, perché oggi è così difficile per le forze politiche accettare il ruolo e la funzione delegate alla minoranza, perché le forze politiche sono pronte a rinunciare a parti essenziali dei loro programmi, a scelte fondanti della loro identità, pur di essere maggioranza. La risposta più ovvia è: per esercitare il potere che deriva dall’ essere “governo”; certo, ma che potere è quello che non consente di assolvere al compito affidato dall’elettorato sulla base delle idee, dei programmi, degli impegni presi durante il lavoro di “costruzione” necessario ad accreditarsi come una forza politica con dei principi e dei programmi elaborati con l’ascolto e l’interlocuzione, sostanziati dalle relazioni tra soggetti diversi.

Quale miserabile intento spinge i partiti e i loro gruppi dirigenti verso scelte incomprensibili e scellerate che portano il Paese sul baratro della guerra, della povertà, del disastro ambientale!?

Quando il voto è “utile”, utile a cosa, utile a chi. È utile un voto dato turandosi il naso, è utile un voto dato perché “tanto non c’è differenza”, è utile un voto costretto dalla paura e stretto dalla necessità?

Non ci sono voti inutili, ci sono solo voti che esprimono un consenso o un dissenso, che vogliono esserci e dire la loro.

Questo dunque è un elogio dell’opposizione, del sapere essere “sé” senza negare l’altrә, del portare avanti saperi e idee non di tuttә e nemmeno di pochә, anche forse solo di pochissimә, che però possono illuminare il cammino di tantә.

Le donne conoscono il potere maschile e patriarcale che governa il mondo, ne conoscono la violenza e, purtroppo, ne subiscono il fascino; non sono più “buone” degli uomini né più capaci, ma hanno un punto di vista “altro”, le donne hanno le “tette” cioè nutrono, proteggono e cullano. Di questo ha bisogno il mondo, di essere nutrito, protetto e cullato.

Alla fine di questa campagna elettorale straniante, infida e subdola, andando a votare scegliamo di farlo per vincere non contro qualcuno ma con e per tuttә, votando per donne che ci “piacciono” anche se non ci somigliano.

 

a cura di Loredana Rosa