Il cuore infranto del mondo può essere risanato

 

 

 

Affermo che il futuro si può cambiare e il presente

può essere sanato, ma tutto questo si può fare

sovvertendo il paradigma della guerra e delle

armi che domina il mondo maschile e patriarcale.

 

 

Nella mia ormai lunga vita mai avevo sentito tanto disprezzo, tanta acredine e insofferenza verso  pacifismo e pacifist*.

Naturalmente non ignoro le numerose e partecipate manifestazioni per la pace che si sono svolte e continuano a svolgersi in tutta Italia, manifestazioni nelle quali si invoca la pace con una preghiera, laica o religiosa non importa, che si esprime come una richiesta astratta ad entità astratte, invocazione dolente e smarrita.

Questo dolore e questo smarrimento, che ha una sua ragione d’essere e che anch’io sento dentro di me, è però la solida base su cui poggia la pace guerriera, ossimoro tanto spaventoso quanto reale; risposta logorata dall’uso e dall’insuccesso ma sempre riproposta come l’unica possibile nel momento e nella situazione data, qualunque siano il momento e la situazione. Così, mentre sventolano le bandiere ucraine, vediamo la distruzione, la morte, la paura e l’orrore di donne e bambin*, vecchi e ragazz* che scappano senza più nulla, nemmeno la speranza, e ci arrendiamo alla guerra perché è quello che ci fa soffrire di meno, che ci rimette i nostri peccati senza darci il disturbo di rimetterli ai nostri debitori.

Mai come in questi giorni ho pensato a Maria Occhipinti, femminista e pacifista, che pagò con anni di carcere e disprezzo l’essere l’una e l’altra senza ambiguità e cedimenti; Maria che comprese e accolse il grido delle donne siciliane che si opposero nel 1944 al richiamo in guerra dei pochi figli e mariti tornati devastati nel corpo e nell’anima dalla guerra di Musolini. “Non si parte” era quello il grido che divenne movimento di popolo, che infiammò parte della Sicilia  e del sud della Penisola. L’ostracismo fu grande, l’incomprensione unanime, ma per Maria “pace” era una parola dell’anima, senza vessilli da sventolare, una parola che diceva di giustizia e uguaglianza, di comprensione e rispetto, di pane e miele, di fiori e sorrisi, di musica e danza, una parola che non tollera nessun “ma”, pena il suo incenerirsi.

E adesso sono qui ad affrontare la parte più difficile, quella di “ecco le solite anime belle che dicono quel che si doveva fare o si sarebbe dovuto fare, che guardano al passato che non si può cambiare senza avere la capacità di cambiare il futuro e di rimediare al presente”.

Questo che sembra essere il pensiero dominante perché costruito su delle affermazioni vere: il passato non si può cambiare, non avere la capacità di cambiare il futuro e non essere in grado di rimediare al presente, ma che in effetti è una cinica e interessata manipolazione della realtà, infatti: chi guarda al passato non lo fa per cambiarlo ma per imparare; alle moltitudini del mondo non manca la capacità bensì il potere di cambiare il futuro e rimediare al presente.

Per non sottrarmi alla sfida affermo che il futuro si può cambiare e il presente può essere sanato, ma tutto questo si può fare sovvertendo il paradigma della guerra e delle armi che domina il mondo maschile e patriarcale. Già vedo affiorare su labbra, con e senza baffi, sorrisetti beffardi e mormorii soddisfatti: “Eccola la femminista vestale dell’utopia e rompiscatole di professione”. Ebbene sì, ma non “la” femminista, ma le femministe che alzano la loro voce insieme a tantissime donne e tantissimi uomini per dire che questo è il tempo della pace, pace senza condizioni, pace che prosciuga la guerra, che non la nutre e la dissangua.

Molte voci si levarono all’indomani della caduta del muro di Berlino, dello sgretolamento del blocco sovietico e della dissoluzione del patto di Varsavia, affinché si sciogliesse la NATO, l’organizzazione militare dell’ovest nata per fronteggiare il nemico dell’est. Intellettuali, politici, Paesi non allineati dissero che quello era il momento di cambiare il mondo, non i suoi equilibri ma la sostanza e la forma delle relazioni tra nazioni, popoli e persone. Ma il patriarcato capitalista e neoliberista non poteva perdere l’occasione di estendere il suo potere oltre i suoi confini e così fu.

Il passato non si può cambiare ma da esso abbiamo il dovere di imparare per cambiare il futuro e risanare il presente, a questo compito non può sottrarsi l’Europa nata per cambiare il futuro nel quale siamo immers* e risanare il presente di allora ferito e lacerato. L’Europa ha pagato il suo debito agli Stati Uniti d’America, è tempo che curi le sue democrazie malate con le risorse della sua civiltà, con quanto di buono e amorevole uomini e donne nel mondo stanno facendo prendendosi cura della Terra e dei suoi abitanti. È tempo che l’Europa parli con la voce della saggezza e dica la Nato è uno strumento di guerra, noi vogliamo strumenti di pace, che curino e accolgano, che sanino e guariscano. L’Europa deve chiedere lo scioglimento della NATO o deve uscirne, non per cambiare alleanze ma per cambiare il paradigma della guerra con il paradigma della pace. Quale “pretesto” resterebbe a Putin, quale “pretesa” resterebbe a Zelensky? al tavolo dei negoziati senza l’ombra della NATO, potrebbe sedersi l’Europa pacificatrice, finalmente “disarmata” ma mille volte più forte e più autorevole.

 

20 marzo 2022

Autore

  • È stata dirigente provinciale e funzionaria del PCI di Caltanissetta; componente della segreteria regionale e della direzione nazionale del Movimento federativo democratico – Tribunale per i diritti del malato. Ha svolto attività di volontariato con le detenute e con i Club degli alcolisti in trattamento. Ormai in pensione ha lavorato presso la Biblioteca comunale di Caltanissetta. Ha fondato con altre donne siciliane Il femminile è politico