Vota Donna?

 

Mi chiedo fino a che punto lo slogan “Vota donna” sia valido a
prescindere da tutto.
Personalmente ho sempre avuto la convinzione che fosse meglio avere
una donna, pur con idee opposte alle mie, nelle Assemblee Elettive
piuttosto che un uomo.
Questa convinzione è andata nel tempo incrinandosi.
Ho registrato che quando un uomo si esprime contro i diritti delle
donne, viene generalmente fatto bersaglio un po’ da tutti, ma quando
una donna esprime concetti contrari ai principi femministi, e per
femminismo intendo le pari opportunità per i generi, le cose cambiano.
Sentire una donna affermare che “basta essere brave” per riuscire in
politica e nel lavoro, oppure che “ormai la parità è raggiunta” e che
“le donne hanno le stesse opportunità degli uomini”, significa non
solo negare la realtà, ma offrire una sponda al maschilismo, ancora
troppo presente nel nostro Paese, che deve riuscire a combattere i
tanti pregiudizi e una mentalità antiquata, che resiste nonostante
tutto.
Sottovalutare l’assenza delle donne ai vertici della politica, della
magistratura, dell’università, delle aziende, della pubblica
amministrazione, rende davvero difficile anche l’attuazione del Piano,
per la parità di genere 2021-2026, che la Ministra Elena Bonetti ha
presentato in questi giorni al CDM.
Il Piano prevede la riduzione, se non l’eliminazione del gap salariale
uomo-donna, una spinta al tasso di occupazione e all’imprenditoria
femminile, un aumento delle donne nei cda, solo per citare alcuni
punti strategici.
Ora non vi è dubbio alcuno che le critiche delle donne verso altre
donne sono più efficaci e più interessanti per i mass media, che ne
danno evidenza eccessiva, proprio per rimarcare lo scontro,
alimentando lo spirito misogino, minimizzando i problemi e ritenendo
inutili e fuori tempo le battaglie femministe.
Ciò detto, avere una donna parlamentare o comunque in un’assemblea
elettiva che non sa leggere la realtà e che non si batte per le pari
opportunità, è decisamente meglio che non sia eletta, perché la sua
presenza nelle Istituzioni elettive danneggia le donne.
Quindi lo slogan “vota donna”, andrebbe corretto in “vota la donna che
si batte per le donne”.
Troppe volte ho vissuto sulla mia pelle battute maschiliste, scaturite
da comportamenti ambigui di altre donne, che inducevano il maschio di
turno ad affermare che “loro sì erano donne vere e non io che mi
battevo per le solite questioni di donne”, quasi che le pari
opportunità fossero un accidente periodico, come “il ciclo mensile
delle donne” e che fossero una questione di ormoni e non di
ingiustizia vera e propria nei confronti delle donne.
Perché, che altro è il gap salariale se non “il più grande furto della
storia”, così è stato definito dall’ONU, solo per esemplificare!
Quando le donne affermano che “basta essere brave” per riuscire,
significa che le donne sono meno brave degli uomini, fatta eccezione
per loro stesse.
Ecco di queste donne non c’è bisogno alcuno che siano votate o,
almeno, sappiano le altre donne che spesso sono proprio costoro, che
ricoprono ruoli pubblici ed istituzionali, ad essere le peggiori
nemiche dell’emancipazione di cui il nostro Paese ha davvero bisogno,
se non vuole rimanere tra gli ultimi in Europa, per la parità di
genere, che farebbe un gran bene anche alla nostra economia, perché
con più donne al lavoro, pagate come gli uomini, con più
infrastrutture socio educative e gratuite, con più aiuti alle donne
con figli, il nostro PIL crescerebbe di molti punti percentuali.
Quindi “vota la donna che lavora per le donne”.

Autore

  • Architetto, docente, ricercatrice presso l’Università “Federico II” di Napoli. Esperta di pari opportunità e politiche di genere, è stata definita dai compagni di scuola “la giovane passionaria” perché ha sempre avuto la politica non solo nel sangue, ma anche nel DNA”. Dal 2011 ad oggi è Componente della Commissione Pari Opportunità della Regione Campania.